L’ARTE CULINARIA SARDA
La Sardegna, terra ricca di bellezze naturali e cultura, è anche patria di una tradizione culinaria che da secoli attira palati da tutto il mondo. Chi non conosce o ha mai assaggiato il maialetto sardo? Lo si prepara in tutta la Sardegna, dal tipico spiedo alla brace oppure al forno con patate e qualche rametto di mirto sino alla cottura sotto terra utilizzata anticamente dai pastori sardi “Su Porceddu a Carraxiau” ed ancora utilizzata in alcune aree dell’isola, cottura quest’ultima molto lenta, tra le 3 e le 4 ore. Nel frattempo, non manca certo un bicchiere di buon Cannonau, il più famoso vitigno sardo e conosciuto ormai in tutto il mondo, di colore rubino e dal sapore deciso e tannico. Tra i più importanti, il Cannonau di Jerzu e il Nepente di Oliena. Suo rivale, il “Carignano del Sulcis”. Il porcetto viene poi servito in un vassoio di sughero su letto di mirto e “Pane Carasau” o carta da musica, croccante e leggero, di lunga durata poiché in antichità veniva portato dai pastori durante la transumanza. Lasciando invece tostare con abbondante olio extravergine d’oliva e un pizzico di sale si ottiene il “Pane Gattiau”.
Iniziamo ora il nostro itinerario gastronomico partendo dal sud della Sardegna, nel Campidano con i “Malloreddus” alla Campidanese o più comunemente conosciuti con il nome di gnocchetti sardi, fatti con semola di grado duro e arrotolati su un cesto o tagliere zigrinato. Preparati con ragù di salsiccia e pecorino sardo, talvolta con l’aggiunta di zafferano di San Gavino Monreale e finocchietto selvatico. Il pecorino sardo, appena citato, è un formaggio tipico di cui questa terra può andarne fiera, da quello dolce al più stagionato, al “Cazu Marzu” (formaggio coi vermi) dal sapore pungente. Ci spostiamo verso l’isola di Carloforte con la sua Tonnara di tonno rosso, il suo passaggio strategico nel mediterraneo, che viene detto “tonno di corsa”, lo rende il più pregiato e tra i migliori al mondo per qualità e gusto, qui si produce anche la Bottarga di Tonno. Parlando di Bottarga saliamo quindi nell’Oristanese, a Cabras, per scoprire l’oro giallo di Sardegna, la Bottarga di muggine (uova di Cefalo/Muggine), utilizzata in tutta la Sardegna come antipasto oppure nei primi di mare come per gli spaghetti Arselle e Bottarga o con la “Frègula” sarda, quest’ultima è una pasta sotto forma di palline di grano dura lasciata seccare o tostata che può variare dai 2 ai 6 mm di diametro.
Lo stagno di Cabras e i suoi dintorni favoriscono la preparazione di numerosi piatti a base di pesce, quali “Sa Burrida” di Gattuccio e l’Anguilla arrosto o in umido. Poco distante, a Bosa, possiamo sorseggiare un’ottima “Malvasia” sarda, dal colore paglierino e riflessi dorati tendenti all’ambrato. Sempre nell’oristanese abbiamo una pasta tipica e particolare, le “Lorighittas” di Morgongiori, di forma intrecciata, preparata tipicamente con galletto ruspante o carne di cinghiale.
Abbandoniamo per un attimo la costa occidentale per spostarci nel vero cuore della Sardegna, nel nuorese tra Bargagia e Ogliastra. Qui abbiamo l’imbarazzo della scelta, dai “Maccarones de Busa”, tipici maccheroni di pasta fresca a forma allungata e creati con la busa, il ferretto che le donne usano per fare a maglia, ai classici “Culgurgiones” ogliastrini, una pasta fresca ripiena di patate, pecorino e menta con la particolare chiusura a spiga di grano oppure il “Pane Frattau” olianese, un piatto tradizionale a base di Pane Carasau bagnato nel brodo, sugo di pomodoro e pecorino accompagnato solitamente da un uovo in camicia nel mezzo. La specialità di carne è “Sa Cordeddas” o Cordula, un intreccio di intestini e budella di Agnello arrostita o cotta in pentola coi piselli oppure la “Pecora in Cappotto”, piatto tradizionale nelle feste di piazza il cui profumo scorre tra le vie del paese, a base di carne di pecora bollita, cipolle e patate.
Saliamo ancora, in Gallura, tra mare e terra ci sono “Li Chjusoni” o ciusono che a differenza dei Malloreddus sono più grossi e preparati con semplice farina 0, acqua e un pizzico di sale. Venivano anticamente preparati il 1^ agosto per celebrare la fine della mietitura con sugo di selvaggina (anticamente Pernice). Dagli gnocchi a “Li Puligioni”, ravioli dolci di ricotta con scorza grattugiata di limone e un pizzico di zucchero serviti al sugo per poi proseguire con la “Suppa Cuata” o Zuppa Gallurese, nata ed originaria di Arzachena, è un piatto tipicamente povero a base di pane raffermo, brodo di montone o pecora, formaggio vaccino tipo Provola fresca sia a fette che grattugiata, condita con spezie e prezzemolo e cotta in una teglia a forno. Ai tempi d’oggi il brodo d’ovino è spesso sostituito con quello di bovino che la rende più leggera. È bene specificare che all’interno della Gallura ne esistono diverse varianti.
La tradizione gallurese ci porta alla “Mazza Frissa”, preparata con la panna ricavata dalla scrematura del latte intero, farina e messa in una pentola sul fuoco. La caratteristica è che resta morbida come una pancia anche se fritta. Anch’esso considerato un cibo povero, spesso i contadini galluresi la lasciavano raffreddare ed il giorno dopo, una volta indurita, l’affettavano e la portavano come pasto principale nei campi sempre con un vasetto di miele. Oppure, si può aggiungere del formaggio fresco, all’inizio della cottura per preparare “Lu Casciu Furriatu”. In primavera sia la Mazza Frissa che Lu Casciu Furriatu venivano utlizzati per condire Li Chjusoni. Dopo un buon primo c’è sempre un buon secondo “La Rivea” o più comunemente Coratella, a base di interiora di agnello o capretto e lardo rivestita con parasangue dell’animale stesso, fatta allo spiedo sulla brace rovente o al forno.
Ci avviciniamo alla conclusione e ci spostiamo ad ovest nel Sassarese con lo “Zimino”, una grigliata a base di frattaglie d’agnello e bovino oppure le tipiche “Monzette Sassaresi” preparate con lumache locali piccole fresche, aglio, prezzemolo e olio extravergine d’oliva (talvolta al sugo).
Alghero, città del corallo e regala la sua “Aragosta alla Catalana”, piatto originario della Catalogna che si propone come antipasto o come secondo, con pomodori e cipolle, una pietanza semplice ma ricca di gusto ed eleganza. Accompagniamo questo piatto di mare con un buon “Vermentino di Sardegna” di Santa Maria la Palma o Sella & Mosca, parente stretto del più conosciuto “Vermentino di Gallura” unico DOCG dell’isola, dal gusto intenso e salino, con una struttura più corposa e alcolica.
I DOLCI TIPICI SARDI
Ogni area della Sardegna ha la sua tradizione e si differenzia soprattutto nei dolci, la “Sebadas” o Seadas è il dolce tipico sardo per eccellenza, nonché più conosciuto a base di semola, formaggio pecorino e miele, poi successivamente fritto. Per i più golosi, i “Bianchini” di Fonni o “Sos Marigosos” che sono delle meringhe a base di uova, zucchero, scorza di limone grattugiata e mandorla ed i “Savoiardi” di Fonni che sono invece biscotti soffici e spumosi accompagnati da un buon vino dolce, solitamente Moscato. Sotto le feste abbiamo una vasta gamma di dolci quali i “Papassini”, biscotti secchi con mandorle e uva sultanina ricoperti con una glassa bianca, “Li Cucciuleddi e Meli” tipici galluresi a base di pasta violata, miele o Saba (mosto cotto), li “Casciatini” o “Pardulas” o formaggelle preparate con formaggio o ricotta ed uva sultanina. Concludiamo quindi il torrone di Tonara, a base di mandorle e miele accompagnato da un buon digestivo, il “Mirto” rosso o bianco, liquore famoso in tutto il mondo, ottenuto dalla macerazione delle bacche mature di colore blu inteso del mirto appunto, un arbusto endemico sardo. Oppure un goccio di “Filu e Ferru” o acqua vite, veniva prodotto in antichità clandestinamente e quindi nascosto sotto terra con un fil di ferro nel terreno a ricordane la posizione, da qui il nome. Per chi volesse provare un gusto diverso e particolare può recarsi a Dualchi, dove si produce il liquore di Fico d’India fatto con fichi d’India macerati nel “Filu e Ferru”.
Qui termina il nostro viaggio nella Sardegna attraverso i suoi piatti più tradizionali.
Luigi Pegoraro